di Orlando Todisco*
Il cammino di terrore dell’autoproclamato
stato islamico dell’Iraq, Siria e Levante (ISIS), con risorse economiche
provenienti dai Paesi del Golfo e sostenuto da miliziani giunti da varie parti
del mondo, compresi i Paesi Occidentali, obbliga a chiedersi da quale abisso di
terrore tragga alimento, giustificando questa sequenza di persecuzioni, di
rapimenti, di assedi, di uccisioni, di decapitazioni.
Lasciamo nell’ombra l’aspetto politico -
il mondo islamico, umiliato dall’Occidente, e ricostituzione di uno stato
islamico, coeso e puro – e chiediamoci quale ne sia la matrice religiosa.
Anche se complessa e variamente
discussa, questa è da ricondurre alla Sharia
o coniugazione di politica e religione, e come mezzo di realizzazione allo
Jihad, interpretato come sforzo fisico a livello individuale e come guerra a
oltranza, compreso il terrore, contro i miscredenti. In che senso allora la
Sharia è la sorgente di tanto orrore? Non è l’uomo al servizio di Dio, attraverso
uno stile aperto e creativo, ma Dio con la sua potenza incontrollabile al
servizio dell’uomo o meglio dei suoi progetti.
Si rifletta. Tutte le forme di alienazione, denunciate nella storia, -
da Senofane di Colofone fino a Freud passando per Feurbach e Marx - hanno
antropocentricamente presupposto che l’Infinito è in funzione del finito.
L’Occidente ha considerato Dio
fondamento del suo pensare, e questo, assumendo una piega scientifico-tecnica,
si è ritrovato vestito di potere nel campo del sapere; l’Oriente islamico,
considerando Dio fondamento dell’etica politica, si è ritrovato ad amministrare
la potenza divina nel campo dell’agire sociale. L’Occidente, autonomizzando il
sapere, si è liberato dalla tentazione totalitaria; l’Oriente, lasciando il
popolo nell’indigenza, nell’ignoranza, senza alcuna forma di assistenza, si è
trovato a gestire il solo collante disponibile, la religione, copertura di ogni
abominio.
L’Altro che ci precede e ci chiama all’essere non funge dunque da
punto di riferimento in quanto trascendente - questo dovrebbe essere il senso
plenario della creazione - in maniera che anche il pensare e l’agire siano
contrassegnati da questo respiro, ma funge piuttosto da strumento al servizio
della nostra causa, identificata presuntuosamente con quella di Dio.
Francesco e il Sultano - Basilica S. Croce a Firenze |
Ora, o la rettifica è radicale o resta
inefficace. Sono certamente fondamentali le regole della convivenza pacifica
che l’ordinamento internazionale si è faticosamente dato. Eppure, occorre andare
oltre o meglio coglierne le radici e trasformarle in progetto culturale.
È quanto è possibile in compagnia della
prospettiva filosofico-teologica francescana, per la quale la storia pregressa dell’umanità
è da intendere come il corteo che attende con ansia l’avvento del Dio della
pace, e la storia che segue - quella in atto - da vivere come sua epifania, per
bellezza e profondità. Lui, il modello.
L’uomo non rassomiglia ad alcunché,
neppure a se stesso. Egli è a immagine di Dio. È a Dio che il francescano con Agostino
si rivolge: “Obsecro te, Deus meus, et me ipsum mihi indica”.
Solo, l’Infinito - l’incomprensibile -
può comprendere e rivelare l’uomo all’uomo - la sua grandezza, la sua libertà,
il suo destino di gloria.
*OFMConv, docente di Filosofia
Articolo tratto da San Bonaventura informa (settembre 2014)
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