Tocca a noi, oggi, continuare la loro storia. Un compito che mette a
nudo la nostra debolezza, ma anche la nostra responsabilità. Confidiamo sempre
nella bontà del Signore e facciamo credito alla nostra capacità di impegnarci
per cogliere il nuovo che è già in atto e per seguire la direzione che il
Governo del nostro Ordine e la realtà che sta sotto i nostri occhi ci
suggeriscono di percorrere. La nostra comunità ha piena la consapevolezza che
il nuovo in atto e la direzione che ci sta davanti sono le sfide donateci dalla
Provvidenza per rendere dinamico e creativo il nostro cammino.
Un’altra sfida che siamo chiamati ad affrontare è quella
dell’interculturalità. È un obiettivo voluto fortemente dall’Ordine per
l’intero Ordine (basti pensare al congresso internazionale di Nairobi del
2011), ma per la nostra fraternità è un obiettivo obbligato, perché ce lo
chiede e la sua composizione e la nostra identità di credenti e di Frati minori
conventuali. Anzi, abbiamo la consapevolezza che, da questo punto di vista, la nostra
fraternità sia come un laboratorio orientato a dare concretezza alla riflessione
dell’Ordine fatta a Nairobi. Qui, da noi, non si può vivere una vita fraterna
se si rimane legati ai propri provincialismi, se i nostri orizzonti rimangono
bloccati entro spazi circoscritti, se non si accende la passione per l’altro,
per la diversità dell’altro. Un buon lavoro in questo senso stanno operando i nostri
formatori, che, anche con iniziative concrete, promuovono l’interculturalità di
tutti i nostri frati. E i risultati non mancano. A me pare che la nostra fraternità
abbia imparato a cogliere questa sfida, ma anche a ben orientarla.
Una terza sfida è costituita dal fatto che la nostra non è solo una
comunità di fratelli, una fraternità, ma vuole essere anche una comunità che
cerca insieme un proprio paradigma culturale caratterizzato dal sapere
francescano. Tale paradigma ha come punto fondante il cristocentrismo trinitario e come maestro e guida il nostro patrono
s. Bonaventura. La sfida che abbiamo davanti è praticamente quella di fare
della nostra, una comunità di fede, una comunità che celebra, che prega, che
sappia riconoscere il dono della fraternità, che sappia condividere la
ricchezza del proprio carisma, perché possa diventare una comunità caratterizzata
da un sapere teologico francescano condiviso. Il preside della nostra facoltà,
che ascolteremo fra poco, pur nella consapevolezza delle difficoltà, a questo obiettivo
sta orientando il nostro impegno.
È fondamentalmente attorno a queste tre sfide che la nostra fraternità
va prendendo una sua fisionomia, va acquistando una sua identità. E su queste
tre sfide converge l’impegno di tutti i frati, qualche volta con fatica, ma con
la consapevolezza che la direzione è questa e non si può rimanerne tagliati
fuori, a meno che non si voglia scegliere una direzione diversa ma che conduce
altrove.
Non possiamo concludere queste brevi parole di presentazione della
nostra fraternità senza una grata memoria di tutte quelle Province che hanno
contribuito economicamente, e alcune in modo particolare, alla costruzione del
Seraphicum. Sono certo che il Signore ha ricompensato la loro generosità. So per
certo che, a questo punto, ci permetterete di dire un grazie particolare a fr.
Francesco Costa per il dono del libro sulla storia della nostra facoltà e sul
Seraphicum; a fr. Luciano Bertazzo che ce lo presenterà; a fr. Domenico
Paoletti, che ci aiuterà a leggere la realtà presente; a fr. Roberto Carboni
che ci farà intravvedere i possibili futuri itinerari formativi; a fr. Giulio
Cesareo che ci guiderà in questa nostra riflessione.
Vorrei aggiungere, qui, che il cammino fatto negli ultimi anni non
sarebbe stato possibile senza l’impegno, la disponibilità, l’intelligenza dei
frati di questa nostra fraternità, giovani e anziani, formatori e docenti e
quanti, in qualsiasi modo, vi operano. A loro va la mia personale gratitudine e
riconoscenza per il sogno di una bella comunità a portata di mano.
Pace e bene e grazie ancora a tutti.
Fra Felice Fiasconaro
Guardiano del Seraphicum
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